Io e i miei autunni
Ne è passato di tempo. Siamo di nuovo a ottobre, io e i miei autunni. Il freddo inizia a farsi sentire e anche gli anni (oggi uno in più, accidenti!). Anni in cui sono cambiata, anni in cui ho imparato a dare il giusto peso persino a una piuma; anni che mi hanno allontanata dalle inutilità e che mi hanno permesso di avvicinarmi piano, come un soffio di vento, a ciò che conta. Anni in cui sono diventata coprotagonista dei miei giorni più belli.
Sullo sfondo dei pensieri intravedo alcuni fotogrammi dei miei ricordi, alcuni nitidi, altri meno. Sipari aperti e chiusi, sorrisi persi e ritrovati.
La verità è che non amo apparire, né triste né felice. Mi nascondo, quando posso, tra una pagina e l’altra delle mie storie, nelle vite dei personaggi più assurdi, tra le parole più semplici, nelle virgole, e mai nei punti.
Ricominciare da capo non è mai stato il mio forte, ma ci sto lavorando.
Sono sempre stata restia a parlare di me. Chi mi conosce lo sa: una delle cose più difficili al mondo per la sottoscritta è raccontarsi. Sui miei libri ci ho provato. E francamente non so se ci sono riuscita come avrei voluto. Ho quasi sempre espresso la mia fragilità sottovoce, cercando tuttavia di tenerla “a bada” con la mia compagna di sempre: la penna. La scrittura mi permette di arginare ferite ancora aperte e incontenibili gioie, di proteggere i pensieri. Nei miei primi lavori letterari ho sempre cercato rifugio, conforto. Adesso è diverso: sono più consapevole delle mie scelte non proprio facili. Anche se continuo a coltivare il desiderio di nuotare, anzi, camminare in punta di piedi dentro i silenzi, planare sulle parole e percepire le rare ombre scure che mi appartengono ancora, annaffiare le radici di un nuovo fiore segreto, il mio.
È passato un altro anno, e io, come sempre scrivo, ma oggi è un giorno speciale, perché ho iniziato a parlarvi (un po’) di me.
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